domenica 24 febbraio 2008

MSF, Una stagione all'inferno

(foto di Lorenzo Maccotta)











Medici Senza Frontiere ha colpito ancora. Sul banco i risultati di un’inchiesta che scotta, dati che riguardano non un paese chissà quanto distante, ma proprio la nostra Italia. Il 30 gennaio MSF ha presentato Una stagione all’inferno, un rapporto sulle condizioni degli immigrati che lavorano nel settore dell’agricoltura nel Meridione.
Da luglio a novembre dello scorso anno un’equipe mobile composta da un medico, un coordinatore, un’infermiera e un mediatore culturale di lingua araba ha visitato 643 lavoratori immigrati e ha raccolto 600 questionari. Ovviamente il percorso si è snodato per zone campione, nell’ordine: Piana del Sele (Campania), provincia di Latina (Lazio), provincia di Foggia (Puglia), Metaponto (Basilicata), Valle del Belice (Sicilia), Palazzo S. Gervasio (Basilicata), Piana di Gioia Tauro (Calabria).
Un’indagine simile era già stata condotta sempre da MSF nel 2004, lo testimoniano il rapporto I frutti dell’ipocrisia e una mostra fotografica tratta da quell’esperienza. Tre anni in mezzo, nessun cambiamento. Per tutti gli immigrati impiegati nel Sud Italia l’estate passata nei campi o nelle serre rimane una stagione all’inferno, proprio come suggerisce il titolo del nuovo dossier.
Invito tutti a recarsi sul sito www.medicisenzafrontiere.it per scaricare e leggerne le intense pagine: in meno di un’ora sarete calati nella vita senza speranze e senza certezze di queste persone invisibili agli occhi della legge italiana. E a proposito di legge sull’immigrazione, vi accorgerete concretamente di quanta strada ci sia ancora da fare per trovare un giusto equilibrio tra controllo del flusso migratorio e garanzia dei diritti umani.
Le percentuali snocciolate paragrafo dopo paragrafo parlano da sole. Gli intervistati sono per la stragrande maggioranza uomini tra i 20 e i 40 anni, provenienti dall’Africa e dal Sud Est Asiatico: il 72% non ha un permesso di soggiorno regolare; il 90% non ha un contratto di lavoro, molte volte il datore paga in ritardo o non paga proprio e non c’è modo di ribellarsi – i clandestini non possono rivendicare niente!
Le condizioni di vita di questo esercito silenzioso sono spesso e volentieri disperate: la maggioranza vive in strutture abbandonate, sovraffollate, dormendo per terra, in luoghi privi di servizi igienici, di acqua corrente, di luce elettrica e riscaldamento. E se aggiungiamo a questa disastrosa immagine il lavoro massacrante svolto per lo più senza adeguati mezzi di protezione possiamo immaginare la diretta conseguenza: salute precaria, facilmente soggetta a patologie che altrettanto facilmente tendono a diventare croniche. Nel 72% dei soggetti visitati il team di MSF ha individuato almeno un sospetto diagnostico; le malattie più frequenti sono quelle osteomuscolari, dermatologiche, respiratorie. La legge italiana prevede che anche gli stranieri irregolari possano ricevere cure mediche, ma nella realtà dei fatti sono pochi quelli che riescono ad accedere all’assistenza sanitaria di cui avrebbero bisogno; i motivi sono molteplici: molti non sanno dove rivolgersi, il presidio medico è troppo lontano, curarsi significa perdere la possibilità di lavorare e quindi di guadagnare, c’è la paura di essere riconosciuti come irregolari.
Il rapporto è completato dalle foto incisive di Lorenzo Maccotta, da eloquenti grafici riassuntivi e da alcune testimonianze raccolte sul campo. La speranza è che le storie e i volti fermati da questo importante documento raggiungano le autorità competenti: il messaggio è inequivocabile, bisogna fare qualcosa e al più presto.

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